Era una calda giornata tra il maggio e il giugno del 1265 quando sono nato io; il giorno non ve lo so dire, ma so che il mio battesimo è avvenuto nel Battistero di S.Giovanni, il più grande di tutta Firenze, che è appunto la mia città. Sono nato quindi sotto il segno dei gemelli, e questo, si sa, è di buon auspicio per chi vuole esprimere la sua creatività.
Mia mamma si chiama Bella, proprio così, ed è veramente la più bella mamma del mondo; il mio papà invece è Alighiero, ed io sono Dante, anzi Durante, ma attenzione: i nomi strani non finiscono qui! Ho anche come trisavolo Cacciaguida, “un soldato della fede”, mi hanno sempre detto, uno tosto insomma; papà me ne parlava sempre e mi dispiace proprio non aver avuto la possibilità di stare con lui quando ero piccolo.
La mia città
Firenze è un posto molto bello: ci sono tante chiese, strade larghe fiancheggiate da splendidi palazzi, vari ponti che troneggiano sull’Arno e, tutto intorno, colline e prati dove alla domenica, da piccolo, andavo a giocare e a far capriole con gli altri bambini.
Nella mia città non si rischia certo di morir di noia: io e i miei amici da bambini giocavamo spesso a palla o coi trampoli; mentre le mamme filavano la lana sedute fuori dalla porta di casa, i papà lavoravano nelle botteghe o nei mercati o ancora nei campi; insomma, non ce la passavamo certo male.
Però, anche nella mia città non tutto era perfetto. Il male e il bene esistevano anche ai miei tempi; anzi, a dir la verità, Firenze in quel periodo stava vivendo giorni oscuri, soprattutto da quando si era scatenata una lotta paurosa tra le persone che non volevano più seguire i consigli di chi sa cos’è il bene e dunque si erano lasciate andare alla superbia, all’invidia e all’avarizia, dimenticando cosa vuol dire armonia, pace e amore.

Ah! se i fiorentini avessero capito che era invece necessario liberarsi da questi vizi, mettere ordine in questo disordine, ma non con le pozioni magiche o con l’aiuto di folletti stravaganti, bensì seguendo semplicemente le indicazioni del Buon Dio…e Lui sì che di bene se ne intende!
I miei amici
Ho sempre avuto molti amici. Lapo era il più furbo: è lui che da bambino organizzava gli scherzi più riusciti della nostra giornata; a Cino piaceva troppo recitar filastrocche; Guido, invece, era più tranquillo: era capace di stare un pomeriggio intero a giocar da solo o a pensare.
E poi c’era Casella, che giocava sempre con legnetti e sassolini, li faceva ballonzolare, li guardava ricadere a terra o nell’acqua, ascoltava il diverso suono che facevano… Fin da allora gli piaceva la musica; sì, decisamente lui ha sempre avuto buon gusto in fatto di armonia.
E io? Beh, io giocavo volentieri con tutti loro, ma la mia più cara amica era una bambina di nome Beatrice.
L’ho conosciuta quando avevo 9 anni; la prima volta che l’ho vista, vestita di rosso, mi è subito sembrata bellissima.
Ma non è solo per questo che mi piaceva: lei mi ascoltava sempre con attenzione e, quando ero triste o avevo paura, trovava sempre le parole giuste per consolarmi; poi, se qualcuno faceva il prepotente con me, lei, per farmi capire che stava dalla mia parte, mi sorrideva, così io mi sentivo capito e a mia volta la guardavo e le sorridevo…che miracolo! che affettuosa complicità c’era tra noi! quanto bene ci volevamo!
Cari ragazzi, un’amica così ve la auguro proprio di cuore. Grazie a lei, una cosa importante l’ho imparata subito, fin da piccolo: le persone che sorridono diventano più belle, perché gli occhi brillano e si fanno più luminosi, e quando lo sguardo è così limpido e puro, beh, allora quella persona non può certo far del male.
8 giugno 1290
L’8 giugno 1290, però, tutto è cambiato…