8 Luglio 2015

Imprenditoria e Cultura

Dal libro “La Divina Commedia Pocket” la ditta Alessi di Omegna (VB), una delle più note firme del made in Italy, ha tratto ispirazione per realizzare tre coppie di statuine in porcellana decorate a mano: Dante – Virgilio; Beatrice – Paolo e Francesca; Caronte – Minosse.

L’idea della ditta Alessi è stata quella di realizzare sei preziosi oggetti che, pur  mantenendo il loro ruolo decorativo, al tempo stesso rappresentano alcuni dei protagonisti della “Divina Commedia”.

Quando le autrici sono venute per la prima volta nel mio ufficio” – dice il dott.Alberto Alessi – “sono rimasto sorpreso: anche se i libri mi appassionano non sono però un editore né un copywriter. Ma Isora e Vilma hanno insistito e la loro operazione mi è sembrata così ben pensata e ben condotta che, andando avanti nella chiacchierata è venuta fuori a poco a poco  l’idea di trarne lo  spunto per far nascere una collezione di piccole figure Alessi in porcellana relative alla Divina Commedia che ho chiesto di disegnare a Massimo Giacon. Dopo il primo gruppo qui presentato (Dante, Virgilio, Beatrice, Caronte, Paolo e Francesca, Minosse), la serie è destinata ad arricchirsi di nuovi character, fino a coinvolgere nel corso del tempo tutti i personaggi più conosciuti del testo dantesco.

Ne sta venendo fuori una sorta di “dizionario illustrato dei sentimenti”, così bene rappresentati dal Sommo Poeta nella sua opera che, grazie alla passione delle autrici di questo libro, viene ora riproposta – con una certa attualità – alla riflessione non solo degli studenti, ma anche di chi, come me, per esempio, l’aveva finora lasciata tra i testi scolastici di lontana memoria”. ( Alberto Alessi)

“Come non essere d’accordo?

Cultura e imprenditoria vanno di pari passo se contribuiscono a dare visibilità a valori fondanti dell’umanità: bene e male, angeli e demoni, beatitudine e peccato non sono più categorie astratte se figure di porcellana disegnate da Massimo Giacon e prodotte dalla ditta Alessi trovano posto sulle mensole delle nostre case e dunque fanno parte della nostra vita”. (Isora Paoletto e Vilma Cerutti)

 

Dante-e-Virgilio

Dante e Virgilio: l’uomo in crisi e il suo maestro

Dante

Dante rappresenta ogni uomo che per arrivare alla verità e realizzare se stesso deve compiere un cammino, tanto faticoso quanto affascinante, che parte dal prendere coscienza dei propri limiti (l’Inferno), passa dalla fatica del rinnovamento interiore (il Purgatorio), per arrivare infine alla pienezza e alla felicità (il Paradiso).

“Sapevo di avere un naso un po’ troppo lungo e per questo alcuni mi prendevano in giro, ma non mi offendevo: tra amici, si sa, si ride e  si scherza…”  (da “La Divina Commedia Pocket” pag.23) 

Dante è un uomo in crisi perché non sa dare un significato alla propria esistenza.

“Arrivato a 35 anni , c’era qualcosa che mi preoccupava: mi accorgevo di non riuscire più a vedere bene intorno a me, era come se ci fosse solo buio…Mi sentivo smarrito, ero come precipitato in un baratro, in una <<selva oscura>>.[…] Perchè mi sembrava che niente avesse un senso? Perchè guardavo, ma non vedevo? Perchè mi sentivo triste e deluso? Non lo sapevo”.  (da “La Divina Commedia Pocket” pag.23-24)  

Dante sta per concludere il viaggio , ha risolto la sua crisi ma quando incontra il suo trisavolo Cacciaguida, capisce che ha un compito importante per l’intera umanità.

“Che compito mi sarebbe stato affidato una volta finito il viaggio e tornato sulla terra? […] Chiesi consiglio a Cacciaguida. Lui […] disse: <<Tu hai il dovere di parlare e di rivelare le cose che hai imparato; certo, saranno dolorose per qualcuno che ha la coscienza sporca, ma vedrai che la verità verrà a galla, quindi “lascia pur grattar dov’è la rogna”. Questo è il significato del tuo viaggio che è voluto dal cielo: Dio ti affida il compito di raccontare ciò che hai visto affinché l’umanità, guardando in faccia il peccato, cambi vita e il bene possa trionfare. La tua voce sarà come il vento che colpisce gli alberi più alti e questo deve essere motivo di onore per te”.  (da “La Divina Commedia Pocket” pag.142-143) 

Virgilio

Virgilio è il simbolo della ragione che guida l’uomo nel cammino che deve compiere per ritrovar se stesso: è la guida e  il maestro tanto amato e ammirato, che paternamente accompagna Dante verso il bene.  Dante lo incontra nella “selva oscura” proprio quando ha bisogno di conforto perché ha paura.

“Mentre ero così disperato mi venne offerto aiuto, in modo totalmente imprevisto e gratuito, da un’ <<ombra>>; non so neppure definire quell’uomo, quel fantasma, quella persona che mi apparve e alla quale io, urlando con tutto il fiato che avevo in gola, chiesi aiuto e pietà. <<Miserere di me>> – gridai. Miracolo! Mi rispose, mi parlò come si fa quando ci si vuole davvero impegnare per aiutare chi ha bisogno, ed io in quel momento sentii dentro di me un gran conforto […] Cominciammo a parlare e venni a sapere che era Virgilio, il famoso poeta, morto molti,  ma molti anni prima […]”.  (da “La Divina Commedia Pocket” pag.26-27) 

Dante ha costantemente bisogno di Virgilio, la sua saggezza lo aiuta a diventare uomo vero.

“Più volte, anche da giovane, mi ero domandato come deve essere un buon maestro, come può indicarti la via giusta per non farti sbagliare…Da Virgilio avevo imparato tanto: il rispetto, quando mi aveva fatto inginocchiare di fronte a Catone; l’umiltà, quando eravamo stati rimproverati di fronte a Casella; la modestia, quando avevo parlato di lui con Stazio; la fiducia, quando mi aveva annunciato l’arrivo di Beatrice; ma, soprattutto, avevo imparato quale uso fare di quella libertà che Dio, nel suo immenso amore, ci ha donato e per questo ero diventato “signore di me stesso”.  (da “La Divina Commedia Pocket” pag.112)

Per questo quando oramai il compito di Virgilio è finito e nella foresta dell’Eden il suo posto verrà  preso da Beatrice, Dante soffre fino al punto di piangere.

“Mi voltai per dirgli che ogni goccia del mio sangue stava tremando e per condividere con lui questa gioia ma…lui non c’era più. Virgilio, <<dolcissimo patre>> a cui mi ero affidato per la mia salvezza, eri andato via! Le mie guance, già pulite per la rugiada, tornarono a macchiarsi di lacrime. Non l’avrei più rivisto e questa volta avrei potuto ritrovarlo solo nel ricordo”.

Beatrice e Paolo e Francesca

Beatrice e Paolo e Francesca: l’amore spirituale e l’amore carnale

Beatrice

Beatrice è il simbolo dell’amore spirituale e della teologia, guida Dante nel Paradiso e  gli spiega le verità di fede.  Sin da giovane  lo ha indirizzato a quella  via del bene che lei stessa  rappresenta  e Dante l’ha amata con tenerezza.

La mia più cara amica era una bambina di nome Beatrice. L’ho conosciuta quando avevo nove  anni; la prima volta che l’ho vista, vestita di rosso, mi è subito sembrata bellissima. Ma non è solo per questo che mi piaceva: lei mi ascoltava sempre con attenzione e, quando ero triste o avevo paura, trovava sempre le parole giuste per consolarmi. […]. L’8 giugno 1290, però, tutto è cambiato. Non potrò mai dimenticare quella data perché con la morte di Beatrice quel giorno ho perso la persona a me più cara. Mi mancavano la sua dolcezza e il suo sorriso. Ripensavo a lei e a quando con lei avevo immaginato un mondo migliore”.  (da “La Divina Commedia Pocket” pag. 19-20, 21)

Paolo e Francesca

Paolo e Francesca simboleggiano la lussuria, l’amore carnale; hanno infatti ceduto ad una passione travolgente ma peccaminosa  che ha oscurato la loro ragione.

 “Francesca, figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna , era stata data in sposa  a Gianciotto Malatesta, il vecchio e zoppo signore di Rimini. Era stato un matrimonio combinato per ragioni politiche e quando Francesca aveva conosciuto Paolo, iol bel fratello di Gianciotto, si era innamorata di lui; sorpresa dal marito mentre era cin il suo innamorato, erano stati uccisi insieme”.  (da “La Divina Commedia Pocket” pag. 38)

Dante prova pietà per i due innamorati che si erano lasciati trascinare dalla passione senza più distinguere  quale fosse il bene e quale il male, erano  insieme nella bufera infernale uniti uno all’altra per l’eternità. Ascolta la loro storia commosso e, alla fine del racconto di Francesca, “cade come corpo morto ” vinto da un’intensa emozione.

Caronte e Minosse

Caronte e Minosse: mostri e demoni, ossia i simboli del male

I mostri infernali rappresentano il male, quel male che rende l’uomo per sempre schiavo del peccato inchiodandolo alla condizione di dannazione eterna.

Caronte

“ll  terribile traghettatore dell’Inferno, non aveva tentacoli, non aveva poteri magici , ma era spaventoso: era  un vecchio demonio con barba e capelli bianchi, con occhi cerchiati di rosso da far davvero paura; spingeva avanti la barca da solo aiutandosi con un remo che usava anche per colpire le anime che si attardavano sulla riva. Era lui la sentinella dell’Inferno, il traghettatore dei dannati; nulla sfuggiva  ai suoi occhi fiammeggianti;  il suo lavoro non aveva mai sosta,  né lui sentiva mai  il bisogno di riposare”.  (da “La Divina Commedia Pocket” pag. 33-34)

Minosse

“Minosse, un tempo re di Creta, poi è diventato  giudice dei dannati. Era un essere  mostruoso , con lo sguardo carico d’odio; aveva una gran coda che si avvolgeva intorno al corpo più volte  per indicare il girone dove l’anima sarebbe stata condannata per sempre a scontare la sua pena”.  (da “La Divina Commedia Pocket” pag. 35-36)