Tutti mi avevano sempre detto che avevo ereditato gli occhi da mia madre. Erano piuttosto grandi, di un bel colore intenso, variabile tra l’azzurro e il grigio, però nel mio volto tendevano a non essere troppo notati; io stesso non ci badavo molto. Ahimè, quasi scomparivano di fronte alla solenne maestosità del mio naso! Da quando però avevo guardato Beatrice, che avevo ritrovato nel Paradiso Terrestre in cima alla montagna del Purgatorio, gli occhi mi erano diventati preziosi: il suo sguardo mi aveva cambiato, illuminato, e anche il mio, di riflesso, era mutato: ora finalmente tutto mi era più chiaro e avevo imparato una cosa importante: per poter procedere dovevo guardare sempre Beatrice.

La salita verso i cieli
Era mezzogiorno di mercoledì 13 aprile. Splendeva un sole luminosissimo; accanto a me c’era la donna che amavo e che mi aveva sempre indirizzato alla via del bene; mi ero purificato con l’acqua del Letè e dell’ Eunoè ed ero pronto per una nuova vita, proprio come quando il bambino riceve il battesimo……che poesia! Per poter raccontare tutto quello che vidi nell’ultima parte del mio viaggio, ho bisogno di invocare Apollo, il dio della poesia appunto, perché entri nel mio cuore e mi ispiri. Se lo farà, spero un giorno di poter ricevere la corona d’alloro, premio tanto ambito da tutti i poeti. Mi vedo già con la corona in testa: non dovrebbe starmi male, anzi: potrebbe distogliere un po’ l’attenzione dal mio naso e mettere in rilievo i miei occhi!
Assorto nei miei pensieri, dopo essere tornato dal fiume Eunoè, mi accorsi che Beatrice si era girata a sinistra per guardare il sole; mi stupii perché lo fissò così a lungo e intensamente che neppure un’aquila sarebbe riuscita a tanto. Girai la testa e scoprii che, guardando lei, anch’io potevo fissare i miei occhi nel sole. Poi mi rivolsi di nuovo verso Beatrice e mi sentii “trasumanar”, mutar natura, una cosa come se fossi andato oltre i limiti dell’umano. Sentii la mia anima rapita da una strana emozione; mi colpì una dolce armonia e una straordinaria luminosità. Beatrice mi disse poche parole, ma pronunciate con carità, come se mi volesse abbracciare per farmi sentire tutto il suo amore: ”Siamo ormai in cielo; adesso che ti sei purificato dalla tua colpa, questo è il luogo giusto per te, perché ora sei senza peccato”. Grazie a lei, che da quel momento in poi mi avrebbe fatto da guida, ero in Paradiso, luogo creato per la beatitudine, dove tutto è armonia, luce e dolcezza. Com’era lontana la terra! Posta al centro dell’universo, le giravano attorno ben nove cieli; i primi sette avevano il nome dei pianeti: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno; poi venivano l’ottavo cielo, quello delle Stelle Fisse, e il nono, il Primo Mobile, che faceva ruotare tutti gli altri.
Al di là di queste nove sfere c’era ancora L’Empireo, dove aveva sede Dio con tutti i beati che lo contemplavano.
Beatrice mi spiegava che nell’universo tutto é estremamente ordinato e regolato da una legge che è l’amore di Dio.

Il cielo della luna
Il primo cielo che io e Beatrice attraversammo era quello della Luna, la meno perfetta tra le sfere celesti e la più lontana da Dio. Qui vidi dei visi quasi trasparenti tanto che mi sembravano immagini riflesse in un vetro nitido o in acque limpide, ma quando mi girai non vidi nessuno dietro di me. Beatrice sorrise e notai che quando sorrideva diventava più bella; poi mi spiegò che….